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ENNA. GLI INQUIRENTI NON LO HANNO MAI PERSO DI VISTA
Anche in carcere teneva i contatti con Cosa Nostra
Angelo Severino

Barrafranca (Enna), 21 apr. - L’avvocato penalista Raffaele Bevilacqua, in atto detenuto, la prima volta era stato arrestato il 17 novembre 1992 nel corso di uno spettacolare blitz delle forze dell'ordine, denominato "Operazione Leopardo", che portò all'esecuzione di oltre duecento ordini di cattura in tutta Italia. Una sentenza del tribunale di Caltanissetta lo condannò a 11 anni e 6 mesi di detenzione perché ritenuto colpevole di associazione di stampo mafioso, turbativa d’asta, concussione aggravata e violenza privata.

La sentenza fu poi annullata dalla corte d’appello che, riconoscendo l’incompetenza territoriale dei giudici di primo grado nisseni, disponeva che il processo doveva invece svolgersi presso il tribunale di Enna. Nel marzo 1997 Bevilacqua fu scarcerato per decorrenza dei termini di custodia cautelare ma gli fu vietato di dimorare in Sicilia. Nel luglio 2003, durante l’operazione cosiddetta “Gransecco”, con il processo in corso, finì nuovamente in carcere per associazione mafiosa dedita al controllo degli appalti.

L’avvocato di Barrafranca inoltre è indicato dal boss Bernando Provenzano come il referente e l’uomo di fiducia di Cosa nostra per la provincia di Enna e questo lo attesterebbero i suoi famosi “pizzini” rinvenuti in casa di Antonino Giuffrè arrestato nel maggio 2002 e divenuto poi collaboratore di giustizia. Già nelle prime fasi delle indagini della “Gransecco”, ai carabinieri del comando ennese e alla Direzione Investigativa Antimafia di Caltanissetta era emerso un coinvolgimento attivo e diretto di Bevilacqua nella gestione degli appalti pubblici nell’Ennese.

Ne ha fatto riferimento ieri mattina il colonnello della Dia nissena, Domenico Bonavita, citando il caso della costruzione del centro polisportivo di Pietraperzia dove l’avvocato avrebbe avuto direttamente rapporti con gli imprenditori aggiudicatari degli appalti. Gli inquirenti non lo hanno mai perso di vista, nemmeno quando si trovava lontano dall’Isola, e avrebbero anzi accertato come egli avesse continuato a mantenere immutato «il proprio prestigio mafioso» tra gli appartenenti alle famiglie ennesi.

Questo comportamento sarebbe emerso anche in occasione di intercettazioni non riguardanti direttamente Bevilacqua ma altri interlocutori che, parlando di lui, avrebbero evidenziato come anche durante i periodi di detenzione il penalista barrese sarebbe riuscito a conservare la stima e il rispetto di tutti gli uomini d’onore locali. Durante i brevi periodi di permanenza a Barrafranca, coincidenti con le udienze del processo d’appello, Bevilacqua infatti avrebbe ricevuto nella sua abitazione numerose visite di altri affiliati all’organizzazione Cosa nostra.


Angelo Severino



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Articolo inserito giovedì 21 aprile 2005 alle 21.44
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