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ENNA. L’ATTIVITA’ DELLA SQUADRA MOBILE
I risultati investigativi contro la criminalità comune e mafiosa
Angelo Severino

Enna, 24 dic. - Ad anno quasi terminato, anche la squadra mobile della questura di Enna chiude in maniera positiva la propria attività. Nel 2004 ha realizzato ottimi risultati investigativi che hanno permesso di prevenire e reprimere gran parte dei reati commessi dalla criminalità comune e di quella organizzata.

Fra i successi conseguiti dagli agenti della Mobile, diretti dal commissario capo Tito Cicero, c’è da ricordare l’operazione denominata “Sgarbo” del 4 febbraio quando andarono in carcere cinque persone ritenute responsabili di estorsione continuata e di far parte dell’associazione Cosa Nostra di Enna.

In manette finirono Vincenzo Militello, ritenuto il capo della “famiglia” di Regalbuto e indicato dai collaboratori di giustizia come uno dei maggiori esponenti mafiosi dell’ennese. Arrestato pure Calogero Ferruggia di Pietraperzia, residente a Peschiera Borromeo (Mi), accusato anche per avere agevolato la latitanza del killer gelese Antonio Rinzivillo.

In carcere anche Antonino Tramontana di Pietraperzia, residente a Spino D’Adda (Cr), e i fratelli Giuseppe e Salvatore Privitelli, originari di Mazzarino e residenti a Barrafranca, indicati dal pentito Liborio Di Dio come gli autori di un’estorsione ai danni di un imprenditore che stava eseguendo dei lavori edili.

Con l’operazione “Pancallo” del 12 ottobre, gli agenti della squadra mobile hanno consentito di individuare gli esecutori materiali, Angelo Di Dio e il cognato Filippo Speziale, che nel 2001 spararono due colpi di fucile calibro 12 a canne mozzate contro Salvatore Privitelli, ferendolo gravemente, mentre stava guidando un camion durante i lavori della costruente superstrada denominata “Nord-Sud” nelle vicinanze di Nicosia.

Il motivo per il quale l'uomo doveva morire s'inquadrava in una precisa strategia di omicidi che il gruppo ennese di Gaetano Leonardo, detto “Tanu 'u liuni”, si preparava a mettere in atto per piegare le famiglie mafiose di Barrafranca e di Pietraperzia. L'uccisione di Privitelli doveva favorire l'insediamento di Giuseppe Saitta al vertice della cosca barrese e quindi rinforzare il predominio dello stesso Leonardo.

La squadra mobile ennese si è ancora interessata al fenomeno degli scavi archeologici clandestini e l’11 gennaio denunciò all’autorità giudiziaria otto persone di Paternò perché sorprese mentre stavano scavando in contrada Valle degli Infermi, nelle vicinanze di Valguarnera, per impossessarsi illecitamente di beni culturali appartenenti allo Stato.

Il 13 febbraio gli agenti della terza sezione della Mobile mettevano la parola fine alla lunga serie di saccheggi in appartamenti che per mesi angosciarono i residenti rurali di Pergusa, Enna Bassa, Villarosa e Calascibetta. E proprio vicino a Calascibetta, il marocchino Slimane Ahmamou fu individuato e fermato con l’accusa di essere l’autore di quei furti.

L’uomo sarebbe un ex agente dei servizi segreti del Marocco ed era solito introdursi negli appartamenti nonostante la presenza degli abitanti. In serata partiva con il treno da Canicattì, dove abitava, e arrivando a Enna poi si spostava preferendo le strade non asfaltate, spesso percorrendo boschi e campagne e, se sorpreso, preferiva la fuga alla scontro fisico. Nei suoi movimenti, Slimane Ahmamou era molto agile e veloce.

Conosceva perfettamente le tecniche militari per la mimetizzazione e per la fuga e avrebbe continuato, chissà fino a quanto tempo ancora, se gli investigatori della Mobile, sospettando di lui e avendone studiato il suo comportamento, non lo avessero bloccato alla stazione ferroviaria di Enna nel momento in cui, all’alba, stava per risalire sul treno che lo avrebbe riportato a Canicattì.

A maggio ci fu l’arresto dei tre rapinatori all’agenzia del Banco di Sicilia di Enna Bassa e, in agosto, quello del pluripregiudicato Michelangelo Burrasca e della sua giovane convivente Maria Cristina Tilaro, colti in flagranza mentre spacciavano hashish al Belvedere di Enna.

Alcuni giorni fa Filippo Bellomo, sottoufficiale della guardia forestale, e Rosangela Cammarata finirono in carcere perché i poliziotti, dopo avere fermato l’auto su cui la coppia viaggiava, durante una perquisizione personale, rinvennero, occultata nella vagina della donna, 30 dosi di cocaina pronte per essere smerciate nel capoluogo.

Angelo Severino



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Articolo inserito venerdì 24 dicembre 2004 alle 11.18
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