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A cura del movimento politico e culturale "Per Una SICILIA INDIPENDENTE" - P.U.S.I.
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Alle vittime di via Maqueda va resa "giusta giustizia e piena verità"
19 ottobre 2009 - Non può e non deve passare inosservata la ricorrenza del 65º anniversario della "Strage degli innocenti", nella quale a Palermo, nella centralissima via Maqueda, furono uccise 24 persone. Chiediamo monumenti, opere d'arte, iniziative che ricordino alle nuove generazioni quel contributo di vite umane alla lotta per il progresso e la libertà della Sicilia. Occorre soprattutto aprire un serio dibattito sulle responsabilità morali, politiche, oggettive e soggettive degli uomini e dei partiti in quel momento al governo.
Sessantacinque anni fa, a Palermo, nella centralissima via Maqueda, da parte di una cinquantina di soldati dell'esercito italiano con funzioni di pubblica sicurezza e di ordine pubblico, accorsi sul posto armi alla mano, furono uccise 24 persone che partecipavano a una grande manifestazione popolare con la quale si chiedevano pane lavoro, giustizia e libertà per la Sicilia. Una manifestazione di migliaia e di migliaia di cittadini di ogni ceto e categoria sociale. Molti dei quali erano giovanissimi, se non addirittura ragazzini.
Essi protestavano in particolare contro la fame, contro il caro vita, contro l'intrallazzo, oltre che per la gravissima e intollerabile mancanza di servizi essenziali (come luce, acqua, gas, assistenza medico sanitaria, eccetera). E tutti lanciavano imprecazioni contro il Governo in carica e contro l'assoluta mancanza di alloggi, in una città semidistrutta dai bombardamenti a tappeto della seconda guerra mondiale.
La via Maqueda, dopo il drammatico fuggi fuggi generale restò quasi deserta, ma "ingombrata" dai cadaveri e dai corpi straziati delle vittime. Era diventata in pochissimi minuti una strada ormai grondante di sangue umano, tanto che furono chiamati i vigili del fuoco, i quali dovettero faticare a lungo per lavare il fondo di quella strada e quello delle traverse più vicine. Per togliere le tracce del massacro fu quindi necessario effettuare una infinità di grossi getti d'acqua con le autobotti e con le motopompe.
Il numero dei morti dichiarato ufficialmente e definitivamente (dopo una danza macabra di cifre) fu di ventiquattro. Centinaia i feriti. Furono tutte vittime innocenti ma scomode. Così come scomoda fu, ed è ancora oggi, quella strage. Non è certamente casuale il fatto che, immediatamente dopo la tragedia e tornata la calma, sia stata frettolosamente intrapresa la politica della manipolazione della verità e della tattica del silenzio e della disinformazione.
Tanto che, scandalosamente, per ben mezzo secolo fu impossibile collocare, in via Maqueda o nel Palazzo Comitini o in altro luogo idoneo, una lapide che ricordasse la strage. Oggi la situazione è cambiata soltanto in parte. Infatti, per opera della giunta provinciale presieduta da Francesco Musotto, nel 1994, in occasione del cinquantesimo anniversario dell'eccidio, la lapide fu finalmente collocata all'interno (non all'esterno) del Palazzo Comitini. Ma le notizie su quell'avvenimento (tenendo conto però delle poche lodevoli eccezioni che pure si riscontrano e si riscontrano ancora), vennero e vengono spesso minimizzate, frazionate, e riferite alterando il contesto storico nel quale i fatti si verificarono.
Viene inoltre volutamente trascurata la circostanza che la stragrande maggioranza dei Siciliani si dichiarava Indipendentista e si batteva per la realizzazione del grande progetto politico del Separatismo democratico e rivoluzionario che voleva che fossero restituiti al Popolo Siciliano alcuni diritti fondamentali sottratti nel 1860. Come: il diritto alla Indipendenza e alla Sovranità della Sicilia, il diritto alla libertà e al progresso e il diritto a un futuro migliore, dopo ottantaquattro anni di sfruttamento, di arretramento economico e politico e dopo la riduzione della Sicilia in semi-colonia "interna" del Regno d'Italia.
Si chiedeva altresì conto e ragione delle partecipazioni obbligate e passive del Popolo Siciliano alle tante guerre, nelle quali l'Italia si infilava (compresa la seconda guerra mondiale). Tutte guerre, nelle quali i Siciliani pagavano spesso il prezzo più alto in termini di vite umane. Considerati, come erano, "carne da cannone" Va infine annotato che molti dei giovani, che avevano partecipato alla manifestazione o che avevano avuto notizie precise della spietata repressione, si sarebbero spontaneamente arruolati nell'EVIS (Esercito Volontario per l'Indipendenza della Sicilia) che si sarebbe costituito di lì a poco.
A tutto questo travaglio, a tutte queste vicende storiche, all'olocausto di tante migliaia di Siciliani, alle vittime della strage del 19 ottobre 1944, dicevamo, va resa "giusta giustizia e piena verità". Si deve quindi aprire un più ampio e serio dibattito per accertare anche le responsabilità, oggettive e soggettive, degli uomini e dei partiti allora al governo e comunque al potere. Prima che i "fatti" vengano dimenticati. Prima che i "fatti" vengano travisati.
Con questo spirito e con queste richieste, gli Indipendentisti Siciliani commemorano oggi quella strage. E rinnovano la loro solidarietà alle vittime e ai loro familiari. E chiedono, ancora una volta, che tanto sacrificio venga ricordato nella toponomastica cittadina. E anche in monumenti marmorei e in specifiche opere d'arte che ne tramandino, con "passione" e anche con consapevolezza e con senso di responsabilità, i valori e la memoria alle nuove generazioni.
Gli Indipendentisti e i Separatisti Siciliani di Enna vogliono la verità sulla strage di via Maqueda
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